La cartografia e i problemi del mondo: una storia vera

Chi ha frequentato le scuole elementari e medie negli anni Novanta e inizio Duemila sicuramente si ricorderà gli atlanti scolastici che segnalavano la Cortina di ferro tra Europa Occidentale e Urss che poi sparì edizione dopo edizione. Dato che la geografia fisica non cambia con i tempi della geografia politica, quegli atlanti li utilizzavi per diverso tempo almeno per la lettura fisica e un po’ per capire la posizione delle regioni interne agli stati, delle città, delle capitali durante le interrogazioni.
La scuola ci prepara all’attualità, per questo si studiano geografia e storia

Dato che le mappe geografiche e cartografiche non le usiamo solo per passare interrogazioni ed esami con il tempo e con l’attualità ci rendiamo conto di quanto siano in movimento e condizionate dagli scontri e dalle dinamiche geopolitiche. Se non ce ne rendiamo conto è perché siamo ormai abituati all’uso passivo di Google Maps, servizio che non arriva ancora da tutte le parti ma dove arriva è ampiamente usato così come Michelin e altri servizi analoghi.
Da questo inverno arriva dalla Russia una storia dove una piccola regione della Siberia non era stata ancora mappata da Google, la conseguenza è stata che una persona che seguiva indicazioni in una giornata di forte tempesta di ghiaccio si sia persa con la sua automobile, dei passeggeri è rimasto in vita solo una persona.
La cartografia è una fotografia scientifica dei territori ma ne è anche una rappresentazione all’origine dell’ordine del mondo, proprio come titola il suo libro Casti Emanuela (Milano Unicopli 1998).

Le rivendicazioni territoriali incidono sul disegno dei confini dove definire o dichiarare un confine è motivo di guerra, di attentati terroristici, di pericolo per l’incolumità dei civili, di scontri diplomatici o politici. Per questo la cartina geografica e dietro una semplice mappa stradale ci sono anche delle scelte forzate o diplomatiche a seconda della situazione che condizionano fortemente la vita interna ed esterna, ad esempio del commercio internazionale, della stampa e del turismo.
Ecco quello che accade da tempo tra India e Pakistan o India e Cina dove la semplice produzione di mappe e cartine è delocalizzata “quasi” fuori da questi territori.
Il giornali dell’Economist

Il Post racconta questo fatto, l’Economist che rientra tra i giornali che raccontano la realtà attraverso i dati ha difficoltà nel consegnare le copie cartacee del giornale in India per via dei territori che sono rivendicati da altri paesi, ad esempio il Kashmir che è stato indiano a maggioranza musulmana rivendicata dal Pakistan. Ci sono poi alcuni territori lungo la catena montuosa dell’Himalaya rivendicati dalla Cina.
Le autorità indiane spiegano che tutte le mappe inserite nelle pubblicazioni non mostrino confini contestati e attribuiscano all’India tutti i territori rivendicati dal governo indiano, se non si fa così i giornali non possono circolare nel paese.
L’Economist adottò per un periodo una procedura per riuscire a distribuire copie cartacee in India così come le scriveva e senza alterare le mappe, venivano infatti stampate a Singapore e poi distribuite dopo essere state sottoposte a rigide ispezioni doganali. Una persona inoltre era incaricata di timbrare ogni mappa su ciascuna copia del settimanale destinato al mercato indiano. Il timbro riporta questa scritta, “I confini esterni dell’India indicati non sono né corretti né autentici“.
Censura e controllo in controluce per cercare confini disegnati in filigrana

Purtroppo, anche questo stratagemma non servì. Tra India, Pakistan e Cina consegnare copie con mappe e confini divenne impossibile anche con il famoso timbro.
L’Economist ha sempre continuato a inviare copie dei suoi giornali nelle zone indiane più compromesse ma gli stratagemmi non bastano anche perché governi o municipi locali ad un certo punto le sentono sempre come contrarie alle loro direttive o alle leggi locali, le mappe vengono perfino analizzate anche in controluce per vedere se vengano segnalati confini in filigrana.
Con una censura e un controllo così, l’Economist dal 2019 adottò grafici stilizzati, schemi e anche una casella nera in cui viene spiegato che nell’edizione indiana è impossibile disegnare una mappa raffigurante una notizia o una situazione attuale.
25 rivendicazioni territoriali importanti e un episodio a Taiwan poi smentito

Nel mondo esistono altre 25 rivendicazioni territoriali, in alcune c’è forte censura su mappe e rappresentazioni grafiche in altre meno. Un caso particolare è Taiwan con capitale in Taipei, la Repubblica Popolare Cinese non le riconosce l’indipendenza e la definisce una provincia ribelle mentre Taiwan si considera stato indipendente e rivendica alcuni territori continentali. Gli stati esteri trattano con Taiwan con uffici di rappresentanza appositi perché schierarsi troppo dalla parte della Cina o di Taiwan può essere fonte di problemi diplomatici anche se ogni volta vengono smentiti.
Un caso lo raccontò il giornale Stuff. Molto tempo fa, un aereo neozelandese fu costretto al rientro dal porto di partenza ad Auckland. Secondo il giornale, fu proprio il riferirsi a Taipei come capitale indipendente all’interno o di una tratta aerea sorvolata da molto tempo e segnata come zona indipendente anche nelle stesse mappe turistiche. Dato che la tratta Nuova Zelanda Taiwan esiste da tempo, la Cina smentì quanto riferito dal giornale Stuff.
Fonti articolo:
- Come si fa a disegnare una mappa senza mostrare i confini tra i paesi?
- Wikipedia: Rivendicazione Territoriale e Taiwan
- Stuff-Business, news del 12 febbraio 2019
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